Legàmi, il brand che crea dipendenza

Osservando dall’esterno, da alcuni mesi, l’alternarsi di feste e compleanni che sfoceranno inevitabilmente nell’apoteosi natalizia (eventi accompagnati da una mole di regali, piccoli e grandi) sono colpito da una parola magica che non può mancare nel vocabolario dei ragazzini: “Legàmi”.

Mettete l’accento dove volete ma le cose non cambiano: io personalmente l’ho spostato dalla “A” alla “E”, e vi spiego perché.

La penna non è più solo una penna (e questo vale per tutti i 2.000 “Prodotti Wow”, così li definisce il marchio bergamasco) ma qualcosa che evoca e caratterizza una condivisione sociale; l’oggetto perde la sua natura utilitaristica in favore di quella rappresentativa.

Ed è proprio questo cambio di paradigma, di fatto, a creare dipendenza. Una dipendenza piacevole, s’intende: dubbi su cosa regalare e budget da 5 euro in su? Con Legami avrete sempre una soluzione adeguata, gradita, economicamente sostenibile, brandizzata e… politicamente corretta (vedi le borse realizzate con materiali derivati dalla canna da zucchero, come il Green PE).

Ecco dunque che il “legame” diviene indissolubile, e “slegarsi” non è così semplice.

Disturbano, in questo mondo incantato, le voci fuori dal coro che giungono, inevitabilmente: da alcuni commessi che, dal retrobottega della vetrina dorata dei P.V. monomarca lamentano problemi organizzativi e sul “politicamente corretto” del marchio nutrono qualche perplessità; ai clienti che invece, forse a causa del volume di ordini che il loro beniamino deve gestire, non apprezzano la logistica dell’acquisto online, aspettano la merce un po’ troppo e non possono annullare l’ordine se prima non è stato consegnato.

Ma i ragazzini si disinteressano completamente di logistica, fatturati e organizzazione dei P.V.; a loro interessa solo trovare quella penna “versione speciale in tiratura limitata” che fa capolino da ieri dall’astuccio della loro compagna di banco, con buona pace del genitore che non si sogna nemmeno di sottrarsi ai suoi obblighi commerciali (e in fondo gli fa anche un po’ comodo…).

Uscendo poi da queste chiacchiere natalizie da padre ed entrando nelle riflessioni da imprenditore mi pongo, e vi pongo, questa domanda: ma se vent’anni fa fossi entrato in banca con il mio business plan, nel quale era scritta, nel progetto imprenditoriale, la mia intenzione di produrre cinghietti per i libri seppelliti dalla storia e penne di plastica a forma di animale, l’imbarazzato addetto ai finanziamenti mi avrebbe accompagnato alla porta guardando l’orologio.

Forse anche per questo che Alberto Fassi da Bergamo, classe 1976, CEO di Legàmi, ha investito il suo trattamento di fine rapporto con KPMG in quel progetto, che oggi vale un fatturato di oltre 140 milioni di euro e di recente ha ceduto il 42% al fondo DeA Capital?

Forse non lo sapremo mai, ma sappiamo invece che Know How, coraggio, costanza… e un pizzico di pensiero laterale sono doti indispensabili per il rilancio di un mondo imprenditoriale, il nostro, davvero un po’ asfittico.

Paolo Mander - Owner Atlantide